VOLCANIC WINES

Sono due le parole che in questi ultimi tempi si stanno facendo strada nel settore vinicolo internazionale: VOLCANIC WINES. Lo dimostra la nascita di un’associazione, il numero di degustazioni tematiche in notevole crescita, il proliferare di letteratura a riguardo, e la passione dimostrata dagli eno-lovers nei confronti di questi vini.

Ma cerchiamo di capire cosa si cela dietro tutto questo: la moda del momento o la reale scoperta di vini di altissima qualità e tipicamente unici? A mio modesto parere le due cose camminano di pari passo, quindi per una volta dobbiamo ringraziare le “tendenze” se oggi ci ritroviamo un numero così grande di appassionati ai vini vulcanici. Per tendenza intendiamo il nuovo eno-cult: i “vini naturali”. Eh…si proprio loro, loro cha hanno aperto la strada e predicato tanto sulla naturalezza del vino, sulla necessità di rivalutare ed esaltare il terroir, loro che si battono quotidianamente contro la convenzionalità enologica. Quindi ringraziamo loro se pian piano durante la ricerca dei terroir si è arrivati alle pendici dei vulcani, alcuni di essi ancora in attività! La parola chiave è la mineralità! Questo termine, che non è tecnicamente parlando un descrittore, ma non è neppure un termine metaforico. Lo si intende per esprimere l’idea che gli elementi geologici/minerali del suolo conferiscono al vini dei caratteri unici, irripetibili, quindi sono la tipicità del terroir. Nel vino la presenza di minerali di ben 10 volte superiore alle acque minerali: Potassio, Calcio, Magnesio, Ferro, Fosfati, Solfati, Zinco, Rame, Sodio, Silicio, ecc.. Alcuni tra questi sono causa di percezioni olfattive sgradevoli, altri invece conferiscono unicità al vino. Dalla sapidità… alla sapidità, dall’odore di pietra focaia… a quello di selce sicuramente ci troviamo davanti a vini di grande personalità, ognuno rappresentativo del proprio territorio; e senza entrare del dibattito sul reale passaggio delle sostanze minerali dal suola alla vigne e quindi all’uva apprestiamoci ad analizzare 3 vini italiani rappresentativi del Nord, del Centro e del Sud, poiché non dimentichiamo che tutto il territorio Nazionale è ricco di aree vulcaniche.

Partendo dal Nord Italia, nella zona collinare tra Verona e Vicenza, troviamo la denominazione Lessini Durello. La DOC prende il nome dal vitigno autoctono Durella, l’etimologia del nome va attribuita quasi certamente allo spessore e alla consistenza coriacea della buccia. La Durella affonda le sua radici in questi terreni di alta collina caratterizzati da un incredibile residuo fossile, a testimonianza della presenza in questa zona di un mare preistorico: l’uva infatti regala ai vini inconfondibili caratteristiche iodate e minerali, oltre a un’acidità nervosa e vibrante che la rende ideale per la spumantizzazione e senza voler fare paragoni sottolineiamo come questo suolo sia geologicamente simile a quello della regione dello Champagne. Quindi senza esitazione lasciamoci tentare dall’assaggio di un Lessini Durello Metodo Classico con la sua forte personalità, il suo essere unico, capace di rompere gli schemi.

La nostra tappa nel centro Italia si ferma nel Lazio, regione che presenta a sua volta varie zone vulcaniche. Noi ci soffermeremo sull’areale dei Castelli Romani una zona che nasce dal collasso del gigantesco vulcano laziale quindi con suoli molto diversi tra loro. Le uve maggiormente coltivate sono: Malvasia del Lazio, Trebbiano toscano, e Malvasia bianca di Candia per i bianchi; Cesanese, Merlot, Montepulciano, Sangiovese per i rossi. Attenzione particolare merita la DOCG Cannellino di Frascati ottenuto con: Malvasia bianca di Candia e/o Malvasia del Lazio minimo 70%; è un vino ottenuto dalla vinificazione di vendemmie tardive ed è considerato da sempre il vino dolce di Roma. Ci sorprende per la sua buona acidità (se l’annata lo consente) mantenendo a volte persino delle note di salinità, con sentori di agrumi maturi e frutta candita.

Finiamo con il Sud, e quale miglior espressione di vino vulcanico potevamo trovare se non la DOC Etna. Questo vulcano, ancora in piena attività eruttiva, è spesso definito “un’isola nell’isola” a causa della sua tipicità territoriale e climatica. Patrimonio mondiale dell’UNESCO Sulle sue pendici molto ripide e scoscese costituite da terreni sabbiosi, si coltivano ( in molti casi a piede franco) diverse varietà di vite, tutte autoctone: per i bianchi Carricante e Catarratto, per i rossi Nerello Mascalese e Nerello Cappuccio. Vitigno difficile il nerello è spesso paragonato al nebbiolo per la maturazione tardiva (seconda decade di ottobre) e al pinot nero per quanto riguarda la sensibilità all’annata e al territorio di appartenenza. Entrambi i nerelli vengono vinificati in blend.  I vini prodotti con Nerello Mascalese si caratterizzano per una buona gradazione alcolica, elevata acidità totale, colore rosso rubino poco intenso, sentori fruttati di elevata intensità e un buon equilibrio e astringenza, mentre quelli prodotti con Nerello Cappuccio hanno una gradazione alcolica contenuta ed una buona acidità totale e si caratterizzano per un colore rosso intenso. All’olfatto sono intensi i sentori floreali e fruttati di ciliegia e al gusto presentano una elevata struttura. Per quanto riguarda l’ETNA bianco, il Carricante ha una colorazione giallo paglierina con riflessi da verdi a giallo carico, dal profumo complesso e intenso, caratterizzato da sentori di fiori di agrumi; al gusto è sapido. Il Catarratto (che dal 2018 può essere chiamato anche LUCIDO), è caratterizzato da un’elevata acidità che va ad influire positivamente sulla freschezza degli aromi e del gusto. A livello olfattivo il sentore predominante è quello di fiori bianchi mentre a livello gustativo si presenta secco e di buona sapidità.

Per vivere l’emozione della scoperta dei Volcanic Wines italiani lasciati guidare da un sommelier esperto di Napoli Wine Tours. Contattaci per prenotare la tua degustazione.